Decima giornata europea contro l’obesità: la mia storia

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Oggi, 18 Maggio 2019, si celebra la decima giornata europea contro l’obesità, una patologia dilagante non solo nel vecchio continente ma in tutto il mondo.

Gli ultimi dati sull’obesità:

650 milioni di obesi al mondo;

1,9 miliari di persone al mondo in sovrappeso.

In Europa sarebbe in sovrappeso oltre il 50% della popolazione adulta e obesa più del 20%, dati del programma Epicentro dell’istituto superiore di sanità.

In Italia la situazione non è migliore: si stima che il 46% degli adulti, più di 23 milioni di persone e il 24,2 tra bambini e adolescenti, quindi 1,7 milioni di giovani sia in sovrappeso.

Ma non voglio stare qui ad elencare dati e numeri che, si, fanno paura ma che non raccontano da vicino cosa voglia dire essere una persona obesa.

Ti voglio, invece, raccontare la mia esperienza di ragazza e giovane donna obesa e lo voglio fare perché tutti i giorni assisto a situazioni in cui la maggior parte delle persone guarda i soggetti in forte sovrappeso o obesi, come individui che quella condizione se la sono cercata. Semplicemente mangiando dalla mattina alla sera, senza trattenere i propri impulsi.

Niente di più sbagliato!

I problemi di peso, quasi sempre, nascono dall’infanzia.

Sono sempre stata una bambina “pacioccona”, quella per cui avresti voluto mangiare le “guanciotte”.

Quando i miei genitori si sono separati, avevo circa 8 anni, il cibo è diventato la mia consolazione: mi ricordo che mi svegliavo di notte e aprivo il frigo alla ricerca di qualcosa da mettere sotto i denti. Non sceglievo qualcosa in particolare, andava bene tutto, anche la pasta scondita avanzata la sera prima e fredda!

Non ho mai mangiato in maniera bulimica, quindi grosse quantità di cibo che poi spesso vengono rimesse. Sgranocchiavo, però, in continuazione: un pacchetto di cracker, 3 o 4 biscotti, un wurstel, una brioche e così via. Così per tanto tanto tempo, fino a quando all’età di 9 anni mia mamma, che era infermiera, mi porta da una dietologa.

E lì è iniziata la mia carriera di paziente in sovrappeso e poi obesa: anni in cui in casa mi sentivo ripetere che io non potevo mangiare questo e quello, mentre i miei fratelli si perché erano magri: io non facevo sport e passavo le giornate sul divano o seduta a studiare. Ascoltavo le vicissitudini famigliari e per non dare ulteriori pensieri a mia madre, mi tenevo tutto dentro e mangiavo.

Mio padre, una volta uscito di casa, era sparito: in quegli anni credo di averlo visto 3 o 4 volte in totale e sentivo dirne di tutti i colori su di lui in casa.  Prova ad immaginare come mi sentissi; una ragazzina che vedeva tutti i giorni i papà dei suoi compagni di classe ma che il suo non c’era mai.

Anzi ricordo ancora la volta che si scordò di venirmi a prendere; era talmente forte la vergogna provata che mi nascosi dietro un cespuglio e, una volta andato via il pullman e le maestre, tornai a casa a piedi.

Ogni mancia che mi davano la spendevo in gelati, patatine, brioche, focaccine e pizzette. A 13 anni pesavo circa 80 chili! Nel frattempo, a fasi alterne, vedevo nuovi dottori e ripartivo con nuove diete. All’oratorio non passava giorno senza qualche presa in giro, come anche a scuola.

Iniziavano i primi innamoramenti e io sapevo di essere brutta e “grassa”. Quindi stavo in casa e tenevo tutto per me: certo ho sempre avuto amiche meravigliose che hanno reso quegli anni più sopportabili. Ma se aggiungi che avevo gli occhiali e che mi chiamo Isidora, capisci che il quadro era tutto tranne che a mio favore…

Passano gli anni e nel frattempo faccio una dieta che mi fa dimagrire, non arrivo al peso forma, ma il risultato mi piace. Finalmente vedo delle forme e non assomiglio più ad un tronco di albero e noto anche gli sguardi di qualche ragazzo.

Ma la situazione non dura: con mio padre sempre un disastro. Entrava e usciva dalla mia vita a suo piacimento, mia madre nel frattempo aveva provato a ricostruirsi una vita ma di nuovo le era andata male: durante l’estate conosco un ragazzo di Milano e l’anno dopo, ultimati gli studi, mi trasferisco da lui a Milano.

Obesità di terzo grado: i miei 110 chili

 

Obesità: i miei 110 chili

Anni dopo mi ritrovo a pesare 110 kg: con gastrite, ciclo mestruale sballato, attacchi di panico etc etc. E sai il perché? Perché il mio era stato un fuggire da quella situazione: non lo amavo ma non volevo dare un dispiacere alla mia famiglia. Mio padre continuava a darmi problemi, la mia autostima era inversamente proporzionale ai chili sulla bilancia.

Nel 2007 affronto un percorso di tre settimane in una clinica, in Piemonte, che si occupa di problemi di peso: in quei giorni sono a stretto contatto con persone che hanno i miei stessi problemi, che non mi guardano dall’alto al basso facendo stupide risatine.Tocco con mano i problemi dell’obesità proiettati nel tempo: difficoltà a muoversi, a fare ginnastica, farmaci per la pressione e per il diabete, apnee notturne e tanto altro ancora.

Da quell’esperienza mi sono portata a casa tanto. Prima di tutto un’amica che sento ancora oggi e il ricordo di Raffaele, un paziente che di notte stazionava in corridoio (noi giocavamo a carte fino alle 2 di mattina…) e cercava di dormire sulle poltrone perché steso nel letto non respirava.

Raffaele aveva bisogno di aiuto per potersi lavare: dai tanti chili che il suo corpo aveva accumulato non riusciva ad arrivare alle sue parti intime e molto spesso lo si capiva dall’odore che emanava. Riesci a capire l’umiliazione provata da quest’uomo tutti i giorni? Pensi che lui non sapesse di emanare odori sgradevoli o di rischiare di morire da un momento all’altro per un infarto o un ictus o nel sonno?

Raffaele mi raccontò che abitava con la madre in un appartamento sopra ad un “take away”: immagini già come finiva ogni volta che aveva bisogno di consolarsi, vero?

Tornando a me, e arrivando alla fine della mia esperienza, ti posso dire che quel qualcosa che deve necessariamente scattare per modificare il proprio percorso di vita, a me è scattato intorno al 2014. Tutti insieme sono arrivati dei segnali che sono stata in grado di cogliere.

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Problemi di peso: come uscirne

Ho iniziato a frequentare corsi di crescita personale dove ho capito che potevo cambiare, migliorare. Che era mia responsabilità come reagivo alle situazioni, che il passato era passato e dovevo iniziare a vivere il presente e darmi degli obiettivi.

Ho lasciato andare l’odio nei confronti di mio padre, che nel 2010 era venuto a mancare: ho compreso che sia lui che mia madre (ci sto ancora lavorando con lei eh!) hanno fatto il meglio che hanno potuto con gli strumenti che avevano.

Insomma ho voluto e voglio, perché non si finisce mai quando inizi la tua evoluzione, amare me stessa, perdonarmi, vivere il “qui e ora” e accrescere la stima verso me stessa.

E lo sai qual è il risultato di tutto questo? Che non ho più bisogno di una corazza per difendermi dal mondo, perché non gli do più modo di farmi male. E i chili in eccesso quindi non servono più, la mia difesa sta andando via piano piano.

E, nonostante la recente e dolorosa separazione da mio marito, non uso il cibo come consolazione. Ma anzi pratico sport, mangio sano e bevo molta acqua. Finalmente ho la consapevolezza di chi sono, di cosa voglio e soprattutto non do più la colpa agli altri ma prendo le mie responsabilità.

Spero che quello che hai letto nel mio articolo ti sia piaciuto e ti abbia dato modo di riflettere su una patologia che è solo la facciata di un mondo interiore fatto di situazioni, drammi, lutti, separazioni e a volte violenze, che neppure possiamo immaginare.

Non guardare con scherno o disappunto una persona obesa, non giudicarla. Piuttosto chiediti cosa puoi fare per quella persona, come puoi aiutarla. Chi ha problemi di obesità non vuole essere giudicato ma ascoltato…

 

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