DIMMI CHE PASTA MANGI E TI DIRO’ CHE INTESTINO HAI…

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Pasta, pane e tutti i prodotti da forno si alzino in piedi!

Tutti attenti a questo video che ci spiegherà perché la pasta, ad oggi, non è più quella dei nostri nonni. Poi ci chiediamo perché siano esplose, letteralmente, le intolleranze al grano.

Dite la verità…il momento in cui trattano l’orecchietta come un elastico, non avete pensato: “e quella roba nel mio intestino che fa?”. POVERI VILLI INTESTINALI!

Ma facciamo un salto indietro e proviamo a capire perché si è avuta l’esigenza, negli anni ’70, di andare a modificare il grano italiano.

Il Centro Studi e Ricerche Nucleari Casaccia del CNEN (poi ENEA) ha generato il grano duro Creso, ottenuto da un incrocio tra una varieta’ messicana, la Cymmit, e una italiana, la Cappelli, la quale era stata precedentemente sottoposta a bombardamento con raggi X. Insomma Cymmit più il mutante di Cappelli Cp B144.

Ovviamente  il nostro piatto di pastasciutta non emette radiazioni ma sempre modificato è; e non lo troviamo scritto sulle confezioni…

Da informazioni recuperate dalla loro pagina emerge, come molto spesso avviene, un interesse economico alla base di questa operazione:

“…Negli anni 1965-70 il fabbisogno annuo di grano duro nei Paesi della CEE di allora, si aggirava sui 40 milioni di quintali. Il 50% di tale fabbisogno era soddisfatto con la produzione interna, il 30% importato soprattutto da Canada, USA e Argentina, il 20% costituito da granito di frumento tenero.

La produzione italiana era intorno ai 17 milioni di quintali, con una produttività media di 12 quintali per ettaro. Le previsioni indicavano per il 1975 un fabbisogno per la CEE di 50 milioni di quintali. La produzione interna veniva pertanto incentivata con una integrazione significativa…”

“…Tra le nuove linee selezionate apparve subito emergere la linea FB55, con piante basse e vigorose, spighe molto fertili, resistente alle malattie e in particolare alle ruggini. Fu iscritta con il nome Creso.

Selezionata nei laboratori del Centro della Casaccia da un incrocio fra un grano mutante (B144) radio indotto dal Cappelli e una linea del Centro Internacional de Mejoramento de Maize & Trigo, si rivelò ben presto di grande interesse agronomico e industriale per l’elevata produttività in campo e la buona qualità di pastificazione…”

“…Iscritta nel 1974 nel Registro Nazionale delle varietà di grano duro, in pochi anni diventò la varietà più coltivata in Italia (già nel 1982 rappresentava il 60% della semente di grano duro certificata) facendo raddoppiare la produzione italiana di grano duro a parità di superficie.

La varietà incontrò subito il favore degli agricoltori più preparati che, impiegando moderne tecniche agronomiche di coltivazione, raggiunsero in Italia Centrale produzioni uguali o superiori a quelle del frumento tenero.

L’agricoltore fu favorevolmente impressionato dall’aspetto della granella di Creso, dalla adattabilità di tale varietà e dalla positiva risposta ad ogni miglioramento della tecnica colturale…”

E se questo non bastasse a farci guardare con occhi diversi i pacchi di pasta sugli scaffali dei supermercati, ci si mettono anche le importazioni di altro grano, di dubbia qualità, dall’estero.

DATI DELLA COLDIRETTI SUL GRANO CHE USIAMO PER LA NOSTRA PASTA

La guerra del grano nel Paese della pasta (un paradosso!). Contadini contro produttori per colpa del frumento duro importato dall’estero. Materia prima non italiana senza la quale la Penisola non potrebbe coprire il proprio fabbisogno, né esportare maccheroni e spaghetti in tutto il mondo.

Ma l’importazione ha delle conseguenze in termini di controlli, qualità del grano, prezzi e paradossi. Quello più eclatante: “In Italia può essere consumato anche dai bambini ciò che in Canada non va bene neppure per gli animali”. È la denuncia di Coldiretti, che segnala la mancanza di trasparenza sull’etichetta.

Ma gli industriali non ci stanno: Producendo pasta fatta con solo grano italiano non potremmo esportarne il 58% ed è proprio il grano estero (con più glutine) a migliorare la pasta italiana”.

Nella città del pane, Altamura, il responsabile di Slow Food Condotta delle Murge Michele Polignieri ha le idee chiare: Una cosa è l’alta quantità di glutine – dice a il fattoquotidiano.it – un’altra è l’assenza di sostanze tossiche. I vuoti sono da ricercare anche nelle leggi comunitarie, non tarate sugli interessi del consumatore.

La qualità del grano straniero? Se è contaminato, lo sono anche pane e pasta”. Due i principali nodi: il lungo periodo di navigazione che può alterare il prodotto e la mancanza di indicazione sull’etichetta circa l’origine. “Ci preoccupa – spiega Cantele – anche la presenza di Deossinivalenolo (Don o vomitossina)”.

Questo perché i parametri europei sui limiti di Don nei cereali utilizzati per l’alimentazione umana sono quasi il doppio rispetto a quelli imposti in Canada. In soldoni, dice Cantele, “in Italia è considerato commestibile ciò che i canadesi non darebbero neppure agli animali”.

“CHI CONTROLLA TIR E SILOS? NESSUNO”.

Della tutela della salute parla anche il presidente di Confagricoltura Puglia, Donato Rossi: “Tutti i tir, container e silos devono essere controllati”. E non accade. Chi verifica il ciclo della pasta? “Nessuno”, risponde Polignieri di Slow Food, che ha lanciato il primo allarme nel 2010.

I REGOLAMENTI EUROPEI CALIBRATI SU BASSI CONSUMI DI PASTA. 

“Il Regolamento Comunitario 1881/2006 è calibrato su un consumatore medio europeo e non mediterraneo, che storicamente consuma più pasta, pane e cereali”, spiega Polignieri. Su questa base l’Europa ha dettato i valori massimi di alcuni contaminanti nel grano. Si parla di piombo, cadmio, mercurio e microtossine (come aflatossine e Don).

Per la maggior parte dei Paesi al mondo, ad esempio, i valori del Don sono allineati tra 750 e 1000 ng/g nei cereali, mentre in Italia il limite è fissato a 1750, come nel nord Europa (dove però si mangia molta meno pasta). “Ma c’è di più – dice Polignieri – Sempre lo stesso regolamento riconosce per pasta e pane una quantità di Don che scende miracolosamente a 750 e 500. Mi domando come sia possibile”.

E dato che quel limite scende a 200 ng/g negli alimenti a base di cereali o comunque destinati a lattanti e bambini sotto i 3 anni “bisogna chiarire che al di sotto dei 6 anni non si può mangiare la stessa pasta degli adulti”.

Questi i limiti delle norme. Poi c’è un mondo che si muove al di fuori delle regole. “Importiamo cereali a uso zootecnico”, dice Polignieri: non è legale, ma c’è chi lo fa proprio per mancanza di controlli. E, una volta nel silos, il grano è italiano…

Dopo quest’ultima spiegazione direi che le scelte che possiamo fare noi consumatori sono:

1- Continuare così e fare il segno della croce perché un’intolleranza o un’allergia e celiachia ci scansino;

2- Iniziare a documentarsi su quello che il video ci ha dato come suggerimento, ovvero i “grani antichi”;

3- Diminuire la quantità di pasta nei nostri piatti e, mio consiglio spassionato, eliminare il pane dalla tavola o farselo da soli a casa, acquistando farine di ottima qualità e preferibilmente integrali o senza glutine.

Nel frattempo vi lascio guardare queste due immagini per capire da un lato i sintomi e dall’altro l’aumentare dei casi negli ultimi anni.

Se avete accusato questi sintomi e sono persistenti vi invito a provare ad eliminare dapprima pasta, pane, pizze e focacce e prodotti da forno in generale e disintossicare l’intestino mangiando, per almeno due settimane yogurt Pro B-4 di Fitline, oltre ad inserire l’assunzione quotidiana di Optimal Set di Fitline. 

Andrete così a nutrire il vostro intestino, creando nuova flora batterica buona e a disincrostare tutto il tratto intestinale liberandolo da scorie e residui; per non parlare di come torneranno a “respirare” i villi intestinali; il glutine crea uno strato colloso…

 

intolleranze al grano, pasta, prodotti Fitline.

 

 

 

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